Esempio di architettura razionale al servizio della formazione tecnica, la sede dell’Istituto sorto lungo via Gavazzeni rappresenta una delle opere più significative della maturità progettuale di Giuseppe Pizzigoni. L’edificio si imposta su un lotto già occupato dalla fabbrica automobilistica “Esperia”, della quale l’architetto sceglie di conservare parte delle strutture originarie: i capannoni coperti a shed vengono infatti integrati nel nuovo complesso e riconvertiti in laboratori. Su questo nucleo preesistente si innesta un corpo di fabbrica a “L”, articolato su tre piani fuori terra e un seminterrato, che rilegge con misura la memoria industriale del sito.
La facciata principale, lunga oltre 130 metri, si affaccia su via Gavazzeni con un linguaggio di rigorosa chiarezza costruttiva. Il telaio in cemento armato scandisce il ritmo dell’intero prospetto, nel quale i tamponamenti arretrati e le grandi vetrate a tutta altezza restituiscono un equilibrio tra massa e trasparenza. Il rivestimento in ceppo di Brembate, materia locale e ruvida, ancora l’edificio al territorio, mentre il disegno modulare proietta all’esterno l’ordine razionale che governa la distribuzione interna di aule e uffici.
L’intervento di ampliamento realizzato tra il 1962 e il 1966, con la costruzione del volume destinato ad ospitare l’aula magna, si inserisce con coerenza nel disegno originario, confermando la vocazione dell’opera a crescere per addizioni controllate. Le successive trasformazioni – dalla sostituzione dei serramenti alle opere di adeguamento normativo – non hanno tuttavia alterato la leggibilità del progetto, che continua a testimoniare la capacità di Pizzigoni di coniugare funzionalità, misura costruttiva e senso civico dell’architettura.